Intenzione e consapevolezza Mindfulness

Ricominciano gli incontri con la pratica della Mindfulness nella IV edizione del Programma “Un’ora di consapevolezza”, ed. 2016.

Vorrei cogliere l’occasione per portare la nostra attenzione sull’intenzione di continuare ad approfondire, giorno dopo giorno, attraverso la pratica, lo stato naturale della Mindfulness nella nostra vita.

Perchè praticare? In che valori crediamo? Come ci aiuta allenare uno stato naturale di Mindfulness nel costruire il nostro benessere?

Proprio al termine di un percorso base di meditazione Mindfulness ci si rende conto che inizia un passaggio fondamentale nel proseguire la pratica della consapevolezza in quanto sappiamo che è molto importante continuare a praticare ma, allo stesso tempo, viene meno l’impegno settimanale con il gruppo e con l’istruttore fino a quel momento guide insostituibili. Il perché si pratica rappresenta un aspetto cardine del percorso personale. E’ l’intenzione.

Nella tradizione meditativa su cui la Mindfulness poggia si suole usare molto l’immagine dell’auriga per denotare la qualità della direzione verso la quale impieghiamo le nostre forze. Essere protetti dalla consapevolezza è come essere un buon auriga. L’auriga è desto, sveglio, quindi attento, ha la capacità di osservare l’intera situazione intorno a lui per procedere. E’ concentrato sul suo compito, segue una direzione, ma allo stesso tempo ha una visione il più ampia possibile per procedere con sicurezza.
Protetti dalla consapevolezza siamo presenti al momento presente e attenti ad accogliere ciò che accade intorno e dentro di noi muovendoci nella direzione di ciò che ci fa stare bene.
Consapevolezza e intenzione sono dunque strettamente connessi tra loro. L’una sostiene l’altra.

Jon Kabat-Zinn a tal proposito scrive: “sono le tue intenzioni a definire quello che è possibile. Ti ricordano momento per momento perché stai praticando. Ero solito sostenere che la pratica della meditazione fosse uno strumento davvero potente e che, a patto di farla, sarebbe stato possibile vedere crescita e cambiamento. Ma il tempo mi ha insegnato che è necessaria anche una certa dose di desiderio personale.”

In vari studi in letteratura D. H. Shapiro ha illustrato il ruolo dell’intenzione nella pratica mettendo in evidenza un continuum che va dall’esplorazione di sé all’autoregolazione e infine all’auto liberazione, intesa come esperienza del superamento di viversi come essere separato e, all’altruismo.

Esplorazione di sé ->Autoregolazione ->Autoliberazione ->Altruismo

Interessante è la correlazione tra i risultati della pratica e le intenzioni: coloro che praticavano per gestire lo stress hanno raggiunto questo risultato, altri interessati ad osservare aspetti personali sono riusciti in questo intento e, non da meno, coloro che volevano imparare ad essere più liberi dagli automatismi hanno imparato ad esserlo di più rispetto a quando hanno iniziato a praticare.

Su come la pratica della meditazione di consapevolezza o Mindfulness possa apportare dei benefici fisici alla nostra salute ogni giorno sul più famoso portale scientifico Pubmed vengono pubblicati studi di efficacia che ne validano la pratica.
Tra i più indagati il dolore: secondo uno studio statunitense coordinato da Fedel Zeidan, le meditazione riduce del 40% l’intensità del dolore, la morfina solo del 25%. Inoltre riduce del 57% le sensazioni spiacevoli legate al dolore, insegnando a distogliere l’attenzione dalle parti dolenti per concentrarla su come accogliere le sensazioni con gentilezza riconoscendole “parti” di sé stimolando, infine, una atteggiamento di cura.
Steven Cole dell’Ucla ha dimostrato la riduzione dell’attivazione dei geni correlati con l’infiammazione alla base di malattie cardiovascolari, tumori e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, dimostrando i benefici della meditazione di consapevolezza come antinfiammatorio. Il passo è breve anche per valutare gli effetti sul sistema immunitario.

Correlati fisici che meritano approfondimenti e ulteriori studi, ma anche benessere psicologico. L’attenzione all’intenzione, sul perché praticare, offre, inoltre, la possibilità di approfondire i valori personali che guidano il comportamento di ciascuno. La pratica della Mindfulness aiuta a portare questi valori dall’automatismo ad un livello consapevole, a vedere se questi siano o meno i valori in cui davvero crediamo e che vogliamo scegliere di seguire. Quanto sono determinati quelli che definiamo nostri “personalissimi” valori dalla cultura cui apparteniamo, dalla nostra famiglia, dall’istruzione ricevuta? Automaticamente, potremmo aver aderito, lungo il percorso della vita ad ubbidire ciecamente ad una morale in cui difficilmente ci riconosciamo. E se questi stessi valori mutassero nel corso della nostra esistenza, così come cambia la vita di ciascuno di noi? Non è forse vero che cambiano le situazioni, forse le amicizie, i colleghi di studio o di lavoro? La pratica della Mindfulness, a lungo termine, può aiutarci a costruire valori autentici e salutari, davvero sentiti e, può aiutarci ad identificare quelli non salutari e ad evitarli.

Infine è utile ricordare che l’intenzione è diversa dal desiderio: non corrisponde all’attaccamento compulsivo ad un oggetto, a volere essere in un certo modo, perché così come si è non ci si piace, ma dobbiamo considerare l’intenzione come la base su cui poggiamo la pratica. Essa tocca con delicatezza la pratica e la conduce, la sostiene senza forzature. Per questo motivo è utile ricordarci che l’intenzione non corrisponde necessariamente dunque agli obiettivi e agli esiti della pratica seguendo la legge di causa-effetto, bensì il sostegno forte ma delicato, allo stesso tempo sicuro che guida la pratica della Mindfulness nella propria vita. Non dimentichiamoci l’insegnamento di Jack Kornfield:

l’intenzione rappresenta la direzione, non la destinazione.

Che noi si possa ricordare l’intenzione di praticare,
Che noi si possa coltivare l’intenzione di praticare,
Che noi si possa praticare con gentilezza e pazienza.